martedì 30 giugno 2020

Vi propongo una pagina di: LA BELLA ESTATE


A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravamo ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all'improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline. 



"Siete sane, siete giovani" dicevano "siete ragazze, non avete pensieri, si capisce." Eppure una di loro, quella Tina che era uscita zoppa dall'ospedale e in casa non aveva da mangiare, anche lei rideva per niente, e una sera, trottando dietro gli altri, si era fermata e si era messa a piangere perché dormire era una stupidaggine e rubava tempo all'allegria.



Ginia, se queste crisi la prendevano, non si faceva accorgere ma accompagnava a casa qualche altra e parlava parlava, finché non sapevano più cosa dire. Veniva così il momento di lasciarsi, che già da un pezzo erano come sole, e Ginia tornava a casa tranquilla, senza rimpiangere la compagnia.



Le notti più belle, si capisce, erano al sabato, quando andavano a ballare e l'indomani si poteva dormire. Ma bastava anche meno, e certe mattine Ginia usciva, per andare a lavorare, felice di quel pezzo di strada che l'aspettava. Le altre dicevano: "Se torno tardi, poi ho sonno; se torno tardi, me le suonano". Ma Ginia non era mai stanca, e suo fratello che lavorava di notte, la vedeva soltanto a cena, e di giorno dormiva
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Da La bella estate di CESARE PAVESE 1940





sabato 27 giugno 2020

Vi propongo una pagina di: IL DIAVOLO SULLE COLLINE




Eravamo molto giovani. credo che in quell'anno non dormissi mai. ma avevo un amico che dormiva meno ancora di me, e certe mattine lo si vedeva già passeggiare davanti alla Stazione nell'ora che arrivano e partono i primi treni.



L'avevamo lasciato a notte alta, sul portone; Pieretto aveva fatto un altro giro, e visto l'alba addirittura, bevendo il caffè. Adesso studiava le facce assonnate di spazzini e di ciclisti. Nemmeno lui ricordava i discorsi della notte: vegliandoci sopra, li aveva smaltiti, e diceva tranquillo: "Si fa tardi. Vado a letto".



Qualcuno degli altri, che ci trottava dietro, non capiva che cosa facessimo a una cert'ora, finito il cinema, finite le risorse, le osterie, i discorsi. Si sedeva con noi tre sulle panchine, ci ascoltava brontolare o sghignazzare, s'infiammava all'idea di andare a svegliare le ragazze o aspettare l'aurora sulle colline, poi a un nostro cambiamento di umore tentennava e trovava il coraggio di tornarsene a casa. l'indomani costui si chiedeva: "Che cos'avete poi fatto?".



Non era facile rispondergli. avevamo ascoltato un ubriaco, guardato attaccare i manifesti, fatto il giro dei mercati, visto passare delle pecore sui corsi. Allora Pieretto diceva: "Abbiamo fatto conoscenza con una donna".
L'altro non ci credeva ma restava interdetto.



"Ci vuole perseveranza" diceva Pieretto. "Si passa e ripassa sotto il balcone. Tutta la notte: lei lo sa, se ne accorge. Non c'è bisogno di conoscerla, se lo sente nel sangue. Viene il momento che non ne può più, salta dal letto, e ti spalanca le persiane. Tu appoggi la scala..."



Ma fra noi tre non si parlava volentieri di donne. Non, almeno, sul serio. Né Pieretto né Oreste mi dicevano tutto di se. Per questo mi piacevano. Le donne, quelle che separano, sarebbero venute più tardi. Per adesso parlavamo soltanto di questo mondo, della pioggia e del sole, e tanto ci piaceva che andare a dormire ci pareva di perdere davvero tempo.
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Da il Diavolo sulle colline di CESARE PAVESE 1948





Vi presento i "Vi propongo.....

Nei tre post che seguono vi presento un libro OSCAR MONDADORI; "LA BELLA ESTATE", che raccoglie tre romanzi brevi di Cesare Pavese
Vi proporrò la prima pagina di ogni romanzo di modo che abbiate una buona panoramica di quel che contiene in caso vi venga voglia di leggerlo o comperarlo. 
Tutti i "Vi propongo una pagina di...." sono trascritti con lo scopo di darvi una presentazione della lettura che andrete a fare nel caso vogliate acquistarlo, sperando vi sia utile, in più li "abbellisco" con una piccola raccolta di immagini che io ritengo inerenti a una qualche strofa del racconto.
Grazie della vostra amicizia e buona lettura!


CARLA

giovedì 25 giugno 2020

"Sperando" nella pioggia

Oggi vi trascrivo una pagina da 
NATURA MERAVIGLIOSA Vita del mondo animale e vegetale di PAOLO SEGNALI edito da La Scuola nel 1967
Un altro bel libro sulla natura dedicato ai ragazzi dove la natura è raccontata come un romanzo e accompagnato dalle belle illustrazioni di Gaetano Proietti.



Da più settimane il sole mandava luce e calore in un cielo implacabilmente sereno.
Le erbe, lontane dal rigagnolo, cominciavano a soffrire la sete; i fiori appassito reclinavano la corolla giù verso terra, quasi a chiedere il vitale umore.
L'erbe delle rive sopportavano la calura con minori disagi, mentre gli alberi, figgendo le loro radici profondamente nel terreno, parevano sfidare il sole. Ma anche le acque del rigagnolo andavano scemando, e un vero disastro si veniva annunciando nel regno dei vegetali.



- Chiudete tutti gli stormi delle foglie, se non volete che la poca umidità, che sale a voi dalla terra, evapori - consigliò paternamente le Quercia.
Ma poco ristoro poteva venire alle erbe, anche seguendo il prudente consiglio, perché la terra andava screpolandosi qua e là e mostrava profonde ferite e squarci dolorosi, come nella carne viva.
Solo la notte portava qualche refrigerio; scendeva abbondante la rugiada e tutte le foglie bevevano coi loro coi loro stomi spalancati il provvidenziale umore. Nuovo vigore tornava agli inariditi steli, che si risollevavano e tendevano alla luna i loro sospiri, perché la notte si prolungasse e prodigasse i suoi favori in abbondanza.



Ma la luna proseguiva il suo viaggio e declinava verso occidente.
L'alba, annunciata dal canto dei galli, imbiancò di nuovo l'oriente, ed il primo raggio di sole inondò di sua luce la pianura.
Ma non fu accolto con un brivido di piacere dalla moltitudine delle piante, le quali già al primo suo bacio sentivano esalare la vita. Sino a quando? Sino a quando?
- Piccole sorelle del prato, una buona notizia. Vedo ai limiti dell'orizzonte raccogliersi i vapori in nubi leggere, leggere. Speriamo.
- Acqua! acqua... O Quercia, le disperde il vento quelle nubi?
- No, no... le spinge alla nostra volta... Speriamo.
- Si, speriamo... non ci resta che la speranza.
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martedì 23 giugno 2020

Marmellata di PAPAVERI

Da un bellissimo, originalissimo,  manuale di cucina eccovi la ricetta di una marmellata estiva:


Marmellata di papaveri 

Mettete al fuoco quattro mele renette dopo averle lavate con cura e tagliate a pezzi ma senza sbucciarle o privarle del torsolo, insieme a un bicchiere di acqua.
Farle cuocere per circa venti minuti poi passarle al passaverdure.
Preparare uno sciroppo denso mettendo su fuoco basso un chilo di zucchero e un bicchiere d'acqua.
Quando comincia a bollire unite il purè di mele e il succo di un piccolo limone.
Lasciate cuocere e intanto ridurre in pasta in un mortaio o nel frullatore 350 grammi di petali di papavero da unire subito alla marmellata.
Mescolare bene e cuocere circa 20 minuti poi invasare a caldo.
Tappare ermeticamente i barattoli.

Di Lina Marenghi CUCINARE COI FIORI centouno ricette profumate 1997 


venerdì 19 giugno 2020

Estate tra CAMPAGNA e FIUMI

Ho viva nella mia memoria la bellezza della campagna veneta, con le grandi case, abitate da famiglie patriarcali, con le stalle fitte d'animali, e i campi vicini a portata di mano dei lavoratori; ancora mi risuona il fragore delle trattrici che giorno e notte aravano per la semina nel timore di non arrivare a tempo, e donne e uomini erano tutti sui campi ad attendere al grande rito.
Da uno scritto di Giovanni Comisso


A chi lo osservi da un finestrino di una vettura in corsa, il paesaggio della pianura lombarda delle province affacciate al corso del Po, vale a dire Pavia, Lodi, Cremona, Mantova, a tutta prima potrebbe sembrare monotono e piatto, per il ripetersi di forme quasi modulari che si susseguono per spazi amplissimi.
Questa opinione, peraltro diffusa, coglie tuttavia solo l'aspetto macroscopico di un territorio che, invece, si presenta sottilmente diverso da zona a zona, a patto che lo si osservi con la necessaria attenzione e se ne valutino i secolari processi evolutivi, di cui solitamente consideriamo solo gli esiti attuali.
Avendone la possibilità, il mezzo migliore per apprezzare la minuta variabilità e saggiare concretamente il microrilievo, tutt'altro che uniforme, di questi territori sarebbe la bicicletta.
Allora diverrebbero più sensibili non solo gli evidenti salti morfologici che definiscono le valli di pianura dei numerosi fiumi - tutti affluenti o subaffluenti del Po -, ma si constaterebbe quanto ricca di accidenti morfologici - dossi e avvallamenti - sia la stessa campagna lombarda.
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Il termine "cascina" si trova largamente diffuso, in varie versioni e secondo le diverse epoche (capsina, caxina, cassina) e con dizioni diverse secondo le regioni (cassina in Lombardia, casina in Piemonte, casena in Romagna) in tutta la pianura Padana.
Indica una delle architetture più tipiche - forse, la più tipica - dell'edilizia agricola di queste zone: una vasta struttura, generalmente a corte chiusa, che racchiude tutte le specializzazioni e gli edifici adatti alla conduzione di un grande fondo agricolo.
I suoi antenati sono forse da ricercarsi nel castello di pianura, a pianta quadrangolare, e nelle "grange" delle abitazioni medievali.
Ma rispetto a queste la cascina è una struttura più tarda: i primi esempi risalgono al 
Sei-Settecento, la maggior parte è stata costruita nell'Ottocento.
L'organizzazione interna è complessa. Comprende la casa dominicale, per il padrone del fondo (o, più frequentemente, per il suo fittavolo); le abitazioni dei salariati, rigidamente divise secondo le competenze, dal "camparo" che funge da capoccia per il lavoro nei campi fino al "bazzolone" (il cuoco), ai "bifolchi" e "sottobifolchi" (i contadini), allo "strapazzone", l'uomo di fatica tuttofare.
Ci sono poi la caneva, vale a dire la cantina; il locale per il torchio delle uve; le dispense; la lavanderia; il forno per il pane; il caseificio, con i locali adibiti alla cottura del latte; l'aia per la trebbiatura; i ricoveri per gli animali: stalle, fienili, depositi, concimaie, porcilaie, portici per la stabulazione estiva.
Insomma una vera e propria azienda autosufficiente, gerarchicamente organizzata.
Non manca nemmeno, nelle più grandi, la cappella.
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Da "Cascine della pianura padana" LOMBARDIA di Selezione R.D. 2002





mercoledì 17 giugno 2020

Vi propongo una pagina di: LE CHIAVI DEL REGNO



Dopo il ritorno a Paitan, subentrato l'inverno, francesco, aiutato da Giuseppe, rabbrecciò la stalla otturando le crepe con fango e caolino. Due assi puntellavano la parete più instabile. Sul pavimento di terra battuta un braciere di ferro di forma piatta faceva da focolare. Giuseppe, al quale non mancava l'appetito, aveva già messo assieme un'interessante collezione di pentole e terrine. 


Si era fatto meno angelico, ora, e Francesco lo trovava ogni giorno più utile. Chiacchierone per natura, era sensibile alle lodi, e gli piaceva far certi colpetti, come per esempio sgraffignare qualche melone dai bancherottoli del mercato.


Francesco era sempre deciso a non abbandonare il suo abituro. Del resto, a poco a poco, qualche pecorella aveva cominciato timidamente a comparire nella cappellina in via dei Fabbricanti di Reti. Prima fu una vecchia cenciosa e vergognosa con una coroncina furtivamente estratta dal sacco che le serviva da paltò. Il viso aveva un espressione così spaventata da dar l'idea che sarebbe bastata una parola per farla scappare. Francesco finse di non vederla. La mattina dopo la vecchia comparve con sua figlia.


La malinconica carenza di seguaci non scoraggiò Francesco, né intaccò la sua ferrea decisione di non comperare mai con denaro la fede dei convertiti.
Il dispensario invece fioriva. Per molti segni risultava che l'assenza di Francesco era stata sentita. Rientrando trovò ad attenderlo davanti al negozio di Hung un'accozzaglia di gente. 


L'esercizio medico gli aveva certamente giovato, ora si sentiva più franco e sperimentato. Venivano a farsi visitare malati delle specie più disparate, molti di pelle, altri affetti da coliche, tosse, enteriti; altri da orribili suppurazioni agli occhi e alle orecchie, per lo più conseguenza della sporcizia e dell'eccessivo affollamento in locali malsani. La pulizia e semplici medicamenti diedero risultati sorprendenti. Un grano di permanganato di potassio era oro per quella gente.

Da Le chiavi del regno di A. J. CRONIN 1962


giovedì 11 giugno 2020

INCONTRI Passeggiando in giardino

Libro bellissimo quello di oggi, anzi bellissimi, dato che io ne possiedo due della stessa serie che ne contava sei.
Sono stati editi nel 1954, erano presumibilmente per ragazzi ma contengono una tale serie di informazioni approfondite, adatte anche ai più esperti, il modo particolare con cui son stati scritti e le bellissime illustrazioni ne fanno delle "opere d'arte".
Andrè Grangeon
IL MIO GIARDINO
MONDO INCANTATO
Piccola storia naturale
ad uso dei piccoli e dei grandi 
con illustrazioni dell'autore
1954



Com'è bello il dolce far niente, quando tutto si agita intorno a noi...
Gian Claudio Chiperché, amico delle bestie e nostro, estenuato dal caldo estivo, meriggia sotto un grande frassino, Oh, non dorme mica, sonnecchia a mo' di gendarme: un occhio chiuso, e l'altro spalancato. Nulla si muove, neanche una foglia; tutta la natura è soggiogata dal sole, e dorme placida il sonno del mezzodì.
La natura vegetale , sì, ma non il mondo insospettato del suolo.
Un fruscio continuo, ovattato, presagio di invisibili presenze; ascoltando meglio, odi miriadi di rumori: un millezampe che si reca a caccia, una coccinella che fa la ronda, una farfalla che folleggia... E chi è questo superbo insetto tutto inguaiato d'oro verde?
- Sono per servirti, il CARABO DORATO, la guardia campestre del podere...
Prima di proseguire, m'avvedo che ho trascurato di annunciarvi che il giardino di Gian Claudio è un mondo incantato, ove le bestiole, avendo il dono della parola, cicalano come voi e me. Ciò detto lascio la parola al nostro piccolo amico.
- SEI LA PIU' STUPEFACENTE GUARDIA CAMPESTRE! VUOI RACCONTARMI LA TUA STORIA?
......



Cosi comincia una delle tante "interviste" del giovane Gian Claudio agli insetti che abitano il suo giardino; Vespa, Mantide, Maggiolino, ecc.
Tutte ricche di curiosità e, a me pare, scritte con rispetto verso gli animali e le loro abitudini.
(Se dovessero interessarvi ben volentieri ve ne trascrivo qualcuna.)

lunedì 8 giugno 2020

Il banchetto dell'antica Roma secondo la RAI

Il libro di oggi, 80 pagine circa, è una curiosità. 
Edito da ERI - EDIZIONI RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA 1959
COME VIVEVANO GLI I ROMANI DI UGO ENRICO PAOLI
Basi storiche temo non ne abbia, tende forse più a rappresentare i romani e il loro tempo basandosi sulla fantasia cinematografica dell'epoca della pubblicazione (a mio parere).
Comunque vi trascrivo una pagina dal capitolo dedicato al banchetto per darvi un'idea dell'opera, come sempre, e come sempre spero di farvi cosa gradita.



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La povera gente per mangiare si serviva di vasellame di coccio; nei grandi banchetti piatti e vasi erano d'argento, le coppe erano di cristallo, di oro, di elettro, una speciale lega di metalli preziosi, di murra, una pietra opaca, costosissima, che aumentava, dicevano, la fragranza del vino.



Raramente queste coppe erano liscie, più spesso ornate di gemme o, se di metallo, di rilievi lavorati in cui si poteva ammirare al tempo stesso l'abilità e la fantasia dei cesellatori che talvolta osavano bizzarre decorazioni. Lo testimoniano alcune coppe d'argento ornate finemente di scheletri gesticolanti nelle quali, senza dubbio, si beveva allegramente, perché nell'ebrezza del banchetto il ricordare la necessità della morte era al tempo stesso un monito e un invito a godere.



Naturalmente non si deve credere che in quelle ore non si facesse altro che mangiare e bere. Oltre al conversare e al discutere, passatempo che ha sempre avuto la sua attrattiva, vi erano svaghi e trattenimenti di vario genere. Cominciando da quelli che per alcuni erano gli "onesti" e per altri i "noiosi", molto in uso erano le letture che uno schiavo faceva ai commensali, le recitazioni, le declamazioni, le audizioni musicali; artisti abili nel suonar la cetra o nel cantare davan prova della loro arte dietro lautissimi compensi.



Non tutti però ci si divertivano. I buontemponi preferivano i banchetti in cui si giocava d'azzardo, o dove i lazzi e le impertinenze dei buffoni facevano ridere la brigata; preferivano spettacoli che nell'età nostra sono andati in gran parte a finire nei teatri di varietà: molli danze di suonatrici di nacchere o di effemminati ballerini e anche esercizi di acrobati.
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sabato 6 giugno 2020

Vi propongo una pagina di: PER CAUSE INNATURALI

Uria inglese

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Non erano solo visite di dovere, benché egli si sarebbe sentito responsabile nei suoi riguardi, se non fosse stata così evidentemente autosufficiente che a volta anche provare affetto per lei sembrava una specie di offesa. Ma l'affetto c'era davvero e tutti e due lo sapevano. Già anticipava con la fantasia il piacere di rivederla e le note delizie di una vacanza a Monksmere.

Cormorano
Ci sarebbe stato un fuoco di legna nel grande camino, e davanti alla poltrona dall'alto schienale che faceva parte dello studio di suo padre nella canonica dove egli era nato, ricoperta di cuoio che aveva odore d'infanzia. Ci sarebbe stata la camera arredata sommariamente, con la vista sul mare e il cielo, un letto comodo anche se stretto con le lenzuola dal tenue odore di lavanda e fumo di legna, acqua calda in abbondanza e una vasca da bagno abbastanza lunga da permettere a un uomo alto sei piedi e due pollici di stendersi comodamente.

Rondine di mare zampenere
Anche la zia era alta sei piedi e aveva un gusto maschile per le comodità indispensabili.
Prima ancora, davanti al fuoco, avrebbero preso il tè con pane tostato, burro e patè di carne fatto in casa. E sopratutto non ci sarebbero stati cadaveri, né se ne sarebbe parlato. Egli sospettava che la zia giudicasse assai strano per un uomo intelligente l'aver scelto di guadagnarsi da vivere arrestando assassini, e non era donna da fingere per educazione un interesse che non provava. 


Sula
Non esigeva niente da lui, nemmeno l'affetto, e per questo era l'unica donna al mondo con cui egli era completamente in pace. Sapeva esattamente ciò che gli avrebbe offerto la vacanza. avrebbero camminato insieme, spesso in silenzio, sulla striscia bagnata di sabbia compatta, tra la schiuma delle onde e il rialzo sassoso della spiaggia. Le avrebbe portato gli arnesi per i suoi schizzi, lei sarebbe andata un po' avanti, le mani affondate nelle tasche della giacca,


Uccello delle tempeste
cercando di scoprire in quale punto della pietraia si fossero posate le sassicole, a malapena distinguibili dai ciottoli, o seguendo con lo sguardo il volo della rondine marina o del piviere. sarebbe stato un soggiorno tranquillo, riposante, assolutamente non impegnativo; ma, trascorsi i dieci giorni, sarebbe tornato a Londra con un senso di sollievo.
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Labbo codalunga


Da PER CAUSE INNATURALI
di P.D. James     1962

Le immagini scelte per accompagnare la lettura sono tavole di John Gould naturalista inglese dell'800. Mi scuso per la cattiva qualità della fotografia, ma ne io ne il mio cellulare siamo "buoni fotografi".

giovedì 4 giugno 2020

Il PAPAVERO in POESIA

Quello di oggi è un libro di poesie molto particolare:
CANTI del mio mattino Liriche di Alessandro il Mantovano (Magnaguti) MCMXXIV
Queste sono solo 2 delle 6 strofe di cui è composta la poesia, la parte che parla di questi splendidi fiori così effimeri.

I PAPAVERI

O qual diffuso ardore
Pervade il vasto campo.
Qual fuoco l'anima che pare incendio?
O certo siete voi, fiori scarlatti,
Che nei petali larghi raccogliete,
Gli ardenti raggi dell'astro infiammato.

O fiori miei vermigli,
Che all'anima più fredda
Amore suggerite e primavera,
O voi più che beati
Che del pianeta siete innamorati,
E non mai sazii
Di rimirar il vostro sommo amore, 
Che a noi palesa ogni bellezza ascosa.

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martedì 2 giugno 2020

Da Brescia a Mantova in prigionia

 E' un libricino piccolo di appena una sessantina di pagine. Lo ha scritto un personaggio di Montichiari BS; MARIO PEDINI nel 1984 dal titolo AUTUNNO MANTOVANO.
Una piacevole e veloce lettura: niente filosofia, niente morale, solo un uomo che fa un riassunto della sua storia. BELLO!



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Sono appena arrivato in caserma, fresco di luna di miele appena cominciata; la licenza matrimoniale è finita. Vi è lo sbando generale. Fuori della caserma vi è anche mia moglie con una "serie" di vestiti borghesi. se ne servono ben volentieri alcuni miei compagni d'arma che scappano subito da lei aiutati.
A me non piace "scappare". Il mio colonnello vuol fare il suo dovere ed io non intendo lasciarlo checchè ne dicano moglie ed amici.


Non sono certo il solo a restare: ma la sera - eroi di carta - siamo tutti impacchettati dai tedeschi. Al mattino appresso ci caricano su una lunga fila di camion. So che mia moglie è stata fino a sera tardi ad aspettare il mio rinsavimento.
Attraversiamo Brescia silenziosa, spaventata, ostile. Prendiamo la via di Mantova, Castenedolo, la mia brughiera gialla del primo triste autunno...Montichiari, casa mia in distanza, la piazza...La strada è ingombra, la lunga colonna rombante si arresta per qualche istante. 



Intravedo tra un gruppetto di persone il mio maestro di musica; mi guarda a bocca aperta col bastone mezzo alzato. Si riprende il cammino: un ciclista veloce spunta vicino al mio camion. E' Belletti, il mio amico: gli lancio un biglietto "avverti mia moglie che ci portano a Mantova".
Castiglione, la mia scuola; Guidizzolo, il paese dei miei amori di adolescente. E' triste percorrere da prigioniero queste belle strade delle "mille miglia dei tempi d'oro" che ho battuto tante volte in bicicletta, giù verso Mantova, in piena libertà, recitando a memoria Virgilio! Mantova: piazza Sordello, piazza Ducale, molte bancarelle di uva settembrina e di frutta.



Sono bancarelle di povera gente che, più che vendita, fa baratto in questi tempi di tessera annonaria.
Eppure non ci pensano un momento. I fruttivendoli prendono ciò che hanno sul banco e lo buttano, a piene mani, sui nostri camion con parole di incoraggiamento, con accidenti contro i tedeschi, Badoglio, Mussolini e quanti altri possono pensare responsabili di questo scempio di un esercito in rotta, abbandonato alla vendetta di un nemico che è l'alleato di ieri.
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