mercoledì 27 febbraio 2019

Pausa S.A.


Nuova pausa Serie Autori per lasciare spazio al Carnevaleal tempo di Quaresima, e alla Pasqua e all'arrivo della Primavera!!!
Argomenti vastissimi nel mondo letterario, vedremo se anche nel mio!

Serie Autori: CARSON McCULLERS statunitense


Carson McCullers (1917 - 1967), paralizzata nel lato sinistro all'età di ventinove anni, passò l'ultimo periodo della sua vita su una sedia a rotelle. 
Per una parte della sua opera viene avvicinata agli scrittori gotici americani della Southern School, le cui narrazioni sono spesso accomunate da un'aurea di irrealtà, di presentimento: case in rovina, eredi spogliati, famiglie maledette o infrollite.

Ma altre opere della McCullers si concentrano su solitari personaggi dell'America degli anni dell'ultima guerra e del dopoguerra, personaggi sgomenti alla deriva su un frammento della loro vita, come i padri materni di due racconti entrambi con finale consolatorio. In altri racconti del volume La ballata del caffè triste, 1951, il passato si anima di un caleidoscopio fantastico, dove tutto può essere vissuto e visto, dove i ricordi diventano invenzioni.
Carson McCullers è stata spesso in Europa e più volte a Roma, dove ha collaborato con De Sica al film Stazione Termini.



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A quel'ora la luce lilla della sera svaniva dalle strade bagnate, ma quando l'autobus lasciava il capolinea già sopraggiungeva la lucente notte cittadina. Il giovedì la cameriere aveva mezza giornata libera e Martin preferiva trovarsi a casa al più presto, poiché in quell'ultimo anno la moglie non stava bene. Quel giovedì era stanchissimo e, nella speranza che nessuno dei passeggeri abituali lo scegliesse per la conversazione, fissò l'attenzione sul giornale finché l'autobus no ebbe traversato il ponte Washington.



Una volta fuori sulla statale, Martin sentiva sempre che metà del viaggio era fatto, e respirava a fondo anche nella stagione fredda, quando solo nastri di nebbia tagliavano l'aria fumosa dell'autobus, con la fiducia di respirare aria di campagna. Di solito a questo punto si rilassava e cominciava con piacere a pensare alla casa. In quell'ultimo anno invece la vicinanza portava solo un senso di tensione ed egli non anticipava la fine del viaggio.
Quella sera Martin tenne la faccia presso il finestrino a guardare i campi spogli e le luci solitarie dei sobborghi in corsa.C'era una luna pallida sulla terra scura e chiazze di neve tardiva, porosa: quella sera la campagna gli appariva immensa e come desolata.
Tolse il cappello dalla rete e infilò in tasca il giornale piegato, pochi minuti prima di suonare per scendere.
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Da La ballata del caffè triste  (Dilemma domestico)




sabato 23 febbraio 2019

ACCORRETE, ACCORRETE...

Domani, Domenica 24 FEBBRAIO,
 Castelgoffredo  MN 
grande festa di CARNEVALE col nuovo RE GNOCCO!!!


Serie Autori: JOHN UPDIKE statunitense


John Updike, nato a Shillington in Pennsylvania nel 1932, rappresenta la generazione di scrittori statunitensi che faceva capo al celebre settimanale The New Yorker, di cui Updike  fu redattore per due anni e che continua a pubblicare i suoi racconti.
Poeta, autore di romanzi e di racconti,  è considerato con J.D. Salinger il maggior rappresentante della nuova narrativa americana.



Una delle novità è che questi scrittori non ambiscono ad essere protagonisti sociali. a fare notizia, vivono spesso isolati e guardano la società senza sufficienza, come chi sappia di trovarsi nella stessa barca, in mezzo alla stessa folla. Il che senza togliere la demistificazione e l'aggressività, aggiunge poesia e umorismo alle osservazioni tratte in punta di spillo dalla vita della gente comune.
Muore il 27 gennaio 2009 a Danvers, Massachusetts.
Tutta l'opera narrativa di John Updike è stata pubblicata in Italia presso diversi editori.



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Le sue recenti fortune erano state così buone, che per mesi gli era sembrato di doversi aspettare qualche brutto colpo. Cauto, aveva cercato di dare alla Provvidenza poche occasioni per ammaestrarlo. L'ultima occasione, a parte le vacanze in macchina, era stato il rischio del parto; ma Liz se l'era sbrogliata con una calma d'animale, un giovedì all'alba. Passando i mesi e non succedendo niente, James aveva cominciato a sospettare in qualche modo che la città stessa, con le sue scoscese superfici di babilonia, le sue nere ombre di mezzogiorno, i suoi milioni di senza-Dio, stesse preparandosi a colpirli. E si diede a placare la circostante minaccia nel solo modo che sapeva: dare ai mendicanti.



Distribuiva da uno a due dollari al giorno a cantori dell'Esercito della Salvezza, violinisti in rovina, poveri ciechi piantati in mezzo al marciapiede coi loro bei cani da pastore tedeschi, uomini con stampelle che offrivano matite gialle, ubriachi bofonchianti, bramosi di stringergli la mano e di mostrargli la cicatrice sotto il cappello, storpi che esponevano senza ritegno i loro arti di metallo, nei corridoi della metropolitana. Quelli del tipo ambulante, che pure potevano scegliere tra una folla numerosa, andavano dritti da lui; come se lui ai loro occhi, malgrado i suoi vestiti qualunque e la sua aria qualunque, portasse intorno alla testa, con nitidezza bizantina l'aureola dell'eletto.
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Da La verità sul caso Smith, antologia della nuova letteratura americana "Un dono della città"




mercoledì 20 febbraio 2019

Serie Autori: IRWIN SHAU statunitense



Irwin Shau, nato a New York nel 1913, ebbe un primo successo come autore teatrale nel 1936 con un atto unico, Bury the Dead (Seppellire i morti) di ispirazione pacifista. In seguito le sue opere drammatiche furono accolte severamente, e solo nel 1948 rinnovò il proprio successo con un romanzo, I giovani leoni, storia antimilitarista sulla Seconda guerra mondiale (a cui Irwin Shau aveva partecipato su più fronti), ambientata in Francia durante l'occupazione tedesca, da cui fu tratto un film con lo stesso titolo.
Da allora cominciò una carriera di romanziere, soggettista per il cinema, autore di racconti, che mescolano la critica sociale con storie a effetto, avendo quasi sempre di mira personaggi solitari, spesso disperati, colti in una America borghese e quotidiana, coi suoi violenti contrasti.
E' deceduto nel maggio 1984 in svizzera.



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Pietro stava seduto in poltrona davanti allo schermo, coi piedi sul bracciolo, e mangiava uva.
Sua madre no c'era, così mandava giù semi e tutto, guardando con occhio critico quelle scene di violenza che gli sfilavano dinanzi, Quando in casa c'era la mamma, la paura dell'appendicite gravava nell'aria, ed ella stava attentissima, perché ogni seme fosse estratto con somma cura e deposto nel portacenere. Inoltre quando la mamma era in casa, c'erano brevi irritate conferenze sulla qualità del divertimento televisivo, in rapporto ai giovani, e un febbrile manipolar di bottoni, in cerca di qualcosa che la donna definiva, molto vagamente, educativo.



Solo, azzardosamente sveglio alle undici, Pietro stringeva i semi fra i denti, godendosi quel rumore screanzato, e la solitudine e la libertà della casa vuota.
Durante gli inserti pubblicitari Pietro chiudeva gli occhi e immaginava di scagliare bottiglie contro uomini irsuti, grossi, che, armati di pistola, salivano lentamente su per le scale buie verso la porta, dietro la quale tutti sapevano che c'era il Capo in attesa, il rigonfio della fondina inequivocabile sotto il panno della giacca in flanella a righine.
Pietro aveva tredici anni.



In classe sua c'erano altri tre ragazzi con lo stesso nome, ed il professore di storia, il quale credeva d'essere spiritoso, li chiamava Pietro Uno, Pietro Due (quello che mangiava l'uva, semi e tutto), Pietro Tre e Pietro il Grande. Pietro il Grande, naturalmente era il più piccolo. Pesava solamente ventisette chili e portava gli occhiali, e quando c'era una gara veniva sempre scelto per ultimo. Gli alunni ridevano sempre quando il maestro chiamava "Pietro il Grande", e rideva anche Pietro Due, pur pensando che la battuta non fosse poi così da ridere.
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Da Scommessa sul fantino morto e altri racconti "Pietro Due"



lunedì 18 febbraio 2019

Serie Autori: PAUL GALLICO statunitense




Il padre era italiano, pianista e insegnante di pianoforte, nato a Mantova. La madre era austriaca. 
Nel 1895 essi emigrarono in America e Paul Gallico nacque a New York City nel 1897.
Interruppe gli studi universitari per partecipare alla Prima guerra mondiale e fu presente alla Seconda come corrispondente di guerra; fra l'una e l'altra fece per anni il giornalista sportivo, e dal 1938 scrisse e pubblicò moltissimi racconti, non pochi romanzi di successo e soggetti per film. Dal 1950 viveva in Europa e nel 1976 morì a Montecarlo.
I suoi racconti, ingegnosi, cordiali, gradevoli, con una costante umoristica e ottimistica, venivano pubblicati sugli slick magazines (periodici su carta patinata), contrapposti ai pulp magazines (periodici su carta ruvida e di bassa qualità). La differenza non era solo nel tipo di carta (che permetteva ai primi di stampare illustrazioni a quattro colori), nel prezzo e nella diffusione, ma anche nei compensi: negli anni '40 un racconto su un pulp veniva pagato 125 dollari, su uno slick 1.000 e oltre.


Che fossero ben pagati, sosteneva Paul Gallico, era una garanzia della loro funzione: i lettori leggono racconti non per riceverne una paternale, ma per essere intrattenuti e divertiti; li cercano quando sono stanchi dopo una giornata di lavoro o avviliti per problemi personali o difficoltà dell'esistenza, e vogliono riacquistare fiducia. Ed è un genere che ha illustri precedenti negli Stati Uniti, da Mark Twain a O. Henry.



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Aveva ogni diritto d'essere adirata con lui - sempre che fosse ancora viva. - Come , dunque, persuaderla dell'amore che nutriva per lei, del suo tremendo rimorso? Erano già le ventitré passate.
Dalle ventidue stava chiamandola. All'improvviso un'idea lo colpì. Minette (N.P. Minette è una gattina) andava pazza per la gallina. L'avrebbe dunque tentata col suo cibo preferito.
Ormai deciso all'azione Monsieur Bonneval disse tra sé: "Mia piccola Minette, ti cucinerò una Poularde Surprise Royale tutta per te. Te la cucinerò come mai ho fatto, giacché mi vergogno moltissimo per aver perso il controllo dandoti un calcio nel di dietro".
Si mise immediatamente all'opera, e tutto sembrò andare come in una magia, quasi che il venerdì 13 avesse speso tutte le sue malignità, e il Fato più non fosse interessato a torturare Monsieur Bonneval.



La stufa funzionava incantevolmente, Brazon si muoveva con la rapidità del lampo, e Celeste era di nuovo la vecchia fredda, efficiente Celeste che sapeva anticipare ogni suo desiderio. Gli utensili non solo si comportavano a dovere, ma addirittura collaboravano, parevano quasi saltargli in mano quando ne aveva bisogno.
Con una serie di abili mosse disossò la gallina riempiendola quindi di paté di fegato d'oca, tartufi e uno stufatino di rigaglie e rognoni, il tutto a polpettone e corretto con una spruzzata di porto.

"Povera Minette", meditò aggiungendo il liquido color rubino, "dopo tutto quel che ha passato avrà bisogno d'un poco di stimolante".
Lavorando ora con concentrazione e passione supreme, la ricetta incisa nella mente così come la partitura s'agita in testa a un grande direttore d'orchestra, s'accinse a preparare una salsa per il volatile, adoperandone le ossa, cipolle, carote, porri, sedano e un aroma che fortificò con mezza bottiglia di Bollinger '43. "Alle madri in attesa lo champagne fa bene", si disse mentre il dorato nettare spumeggiava nella salsa.
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Dal racconto "Il terribile segreto di M. Bonneval"




domenica 17 febbraio 2019

Serie Autori: FRANCIS SCOTT FITZGERALD statunitense



Francis Scott Fitzgerald nacque nel Minnesota nel 1896 e nel 1913 entrò a Princeton, la famosa università dell'est, ma ne uscì nel 1917, dopo una serie di delusioni, per arruolarsi nell'esercito. Era l'anno dell'entrata degli S.U. nella Prima guerra mondiale. Francis non riuscì a venire in Europa, come sperava, ma sotto le armi conobbe Zelda Sayre, se ne innamorò e portò a termine il suo primo romanzo Di qua dal paradiso che pubblicato nel 1920, lo rese famoso e abbastanza ricco  da sposare Zelda. 



Due volumi di racconti (fra i quali Il fannullone) lo aiutarono a stabilire la sua fama come affascinante cronista della focosa gioventù degli Anni '20, un'epoca di speranza e di entusiasmo, di romantica disposizione  a costruire un mondo nuovo e migliore. Erano anche gli anni che vedevano l'apparizione di scrittori come Faulkner e Hemingway, Sinclair Lewis e John Dos Passos.
F.S. Fitzgerald scrisse moltissimi racconti e altri tre romanzi, fra cui Il grande Gatsby, il romanzo più profondamente americano della sua epoca; intanto nel 1924 aveva raggiunto con Zelda gli americani espatriati a Parigi. 
Provò nella sua vita il successo, la ricchezza, le follie di una vita sregolata, il declino, le ansie per la moglie ormai inguaribilmente malata di mente, la miseria.



Nel 1937 ottenne un contratto di sceneggiatore a Hollywood e, nonostante l'alcolismo che lo tormentava, cominciò un nuovo romanzo: The last tycoon (noto in Italia col titolo di Gli ultimi fuochi), ma morì nel 1940 prima di finirlo.
I suoi libri sono sempre autobiografici.Scrisse egli stesso: "La mia esperienza è sempre stata la stessa, un ragazzo povero in una città ricca, in una scuola per ricchi, in un club di ricchi".



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Dunque, Nancy Lamar stava per sposarsi. Il bocconcino più delizioso della città stava per diventare proprietà privata di un tale in pantaloni bianchi, e tutto questo perché il padre di pantaloni bianchi fabbricava rasoi di sicurezza migliori di quelli che fabbricava un suo simile. Stavano scendendo le scale, quando Jim trovò questa idea inesplicabilmente deprimente. Per la prima volta in vita sua, accusò una specie di tenerezza dolente, romantica, e un quadro di Nancy cominciò a formarsi nella sua immaginazione: Nancy, che se ne andava a spasso per via, come un maschietto allegro e spensierato, riscuotendo un'arancia come tributo da un ammiratore fruttivendolo, Nancy che consumava chissà quale intruglio nel locale di Sam e lo faceva poi mettere sul conto mitico che aveva aperto presso quel bar... Nancy che radunava una accolta di spasimanti e si allontanava trionfalmente, in macchina per un pomeriggio di follie.



Il fannullone uscì sulla veranda, dirigendosi verso un angolo deserto, un cono d'ombra tra la luna sul prato e l'unica porta illuminata della sala da ballo. Vi trovò una sedia, accese una sigaretta, e si abbandonò a quelle svagate fantasticherie che gli erano abituali. Ma l'ora notturna, piena del caldo sentore di madidi piumini di cipria dissimulati nelle ampie scollature e dei mille aromi esalanti dalla porta spalancata, conferiva al suo fantasticare un che di mollemente sensuale. La musica resa indistinta dalle alte note di un trombone, si faceva calda e sfumata, costituendo una specie di languido sottofondo musicale al trapestio di numerose scarpe e scarpette.
Improvvisamente, il quadrato di luce giallastra che cadeva dalla porta fu oscurato da una figura in ombra. Una ragazza era uscita dal guardaroba e stava ritta sulla veranda a non più di tre metri di distanza. Jim udì un "Accidentaccio!" sibilato fra i denti, poi ella si voltò e lo vide.
Era Nancy Lamar.
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Da Racconti dell'età del jazz "Il fannullone"






venerdì 15 febbraio 2019

Un tè al museo MAST

Ed ecco che si avvicina la terza domenica del mese e come sempre il MAST ci attende con una bella tazza di tè caldo e biscotti ma sopratutto con un bellissimo incontro:



Questo incontro, come potete legger, è proprio indicato per noi lettori onnivori; parla di poesia.
Io ci sarò e voi???

giovedì 14 febbraio 2019

Le 4 STAGIONI





A quanto pare non solo animali e vegetali si stanno estinguendo, ma anche le stagioni!!!
Così ho pensato di ricordarle con i prossimi 4 post.

Dal libro di Mario Rigoni Stern "Uomini, boschi e api" trascriverò la prima parte, dedicata appunto alle stagioni, e vi aggiungerò parte di un'altra lettura che, a mio vedere, ben si adatta alla stagione in questione.


BUONA LETTURA A TUTTI VOI!!!



Buon San Valentino

In tutte le lingue del mondo


martedì 12 febbraio 2019

I 10 diritti dei lettori

Curiosi di conoscere quali sono i 10 diritti insindacabili dei lettori?   Eccoveli:











Per partecipare basta un libro!!!


"ATTENZIONE!!!
Per tutti gli amanti della lettura.
Mi servono 6 persone (o più) per partecipare a uno scambio di libri.
Dovete solo spedire un libro ad una persona.
Ne riceverete approssimativamente 36 (non succederà mai, ma su 36, almeno una decina dovrebbero arrivare).
Fatemi sapere se siete interessati e vi scriverò i dettagli."

Questa richiesta la trovate su Facebook postata da vari amanti dei libri.
Io sto partecipando e ve la consiglio.
Vi mando ulteriori informazioni, a richiesta, se interessati.

domenica 10 febbraio 2019

Extra Serie Autori: EMILY DICKINSON

In "Serie Autori" (05-02-19)  vi ho riportato una brevissima presentazione della scrittrice neozelandese Katherine Mansfield della quale vi avevo già parlato nell'elenco "I miei 10 libri preferiti".
Sempre collegato ai miei 10 libri preferiti vi h riportato anche un articolo su Winnie The Pooh ed ora seguendo questo filo vi voglio trascrivere un bel articolo su Emily Dickinson, anche questa presente tra i miei libri preferiti.

Remare nell'Eden


"Ebrezza è procedere alla volta del mare
di un'anima cresciuta in terraferma,
oltre le case, oltre i promontori
nell'eterno, profondo."

Queste parole sono state scritte da una delle più grandi penne poetiche che gli Stati Uniti abbiano mai prodotto, quella di Emily Dickinson, e ben rappresentano il senso di sorpresa e meraviglia che una persona come lei, vissuta per tutta la vita in un paese puritano e pianeggiante del Massachusetts, prova alla vista di quell'immensa distesa d'acqua che è il mare.
La vita della poetessa americana, nata il 10 Dicembre 1830 e scomparsa il 15 maggio 1886, fu molto solitaria e statica. Della sua infanzia sappiamo che pensava: "Ho un fratello e una sorella . A mia madre non interessa la mente. Mio padre è troppo impegnato con le difese giudiziarie per accorgersi di cosa facciamo. Sono andata a scuola, ma non mi hanno insegnato niente. Da piccola avevo un amico che mi ha insegnato l'Immortalità - poco dopo il mio tutore è morto e per molti anni il mio vocabolario è stato l'unico compagno."
La sua opera riflette una graduale e inarrestabile chiusura verso la realtà, per cui Emily si rifugia in un mondo fatto di finzione poetica, morte e natura incombente.
In una delle sue poesie, una piccola barca fragile diviene il simbolo della sua anima in balia del mare della vita, che la corteggia gentilmente, ma che rivela poi i suoi pericoli:



"Era così piccola la barca
che vacillava giù nella baia.
Era così cortese il mare
che l'invitava ad uscire!
Era così ingorda l'onda
che la succhiò dalla costa.
Non l'avrebbero mai immaginato, le vele maestose,
che la mia piccola imbarcazione s'era persa!"

Anche se piuttosto rari, nella poesia della Didkinson sono comunque presenti anche versi che parlano di amore e malinconia. Il più delle volte le immagini rimandano alle sue infelici avventure sentimentali con uomini spesso sposati o predicatori che , pur dandole attimi di ebrezza, non potevano certo consolare il suo animo solitario:




"Inutili - i venti

a un cuore ormai in porto
non serve la bussola,
non serve la mappa.
Remare nell'Eden
Il mare!
Potessi almeno ormeggiare - stanotte - in te."

L'oscurità dell'isolamento dal mondo verrà ulteriormente accentuata dalla malattia agli occhi che la colpisce tra il 1864 ed il 1865 e ciò porterà la sua poesia a farsi sempre più cupa.
Emily Dickinson gradualmente si rifugia sempre più nel suo mondo di parole e visioni in cui l'acqua assurge a simbolo di una vitalità che lei considera perduta e che si riflette in immagini di sete, siccità e morte, come nei seguenti versi:




"Chiedeva da bere, una tigre in agonia
filtrai il deserto
dalla roccia, una goccia
raccolsi e la portai nella mano.
Le pupille regali, nella morte offuscate
scrutai, per trovare
nella retina, un'unica visione
dell'acqua di me.
Non per colpa mia: che ero corsa piano.
Non per colpa sua: che morì
quando stavo per raggiungerla, ormai,
ma perché, era un fatto, essa era morta."

Pur essendo la disperazione uno degli elementi più presenti nella sua poetica (nel suo diario scriverà "Da settembre provo un senso di terrore, non riesco a parlare con nessuno - così canto" e anche "Non vedo mai estranei e a fatica so cosa dico"), l'acqua riesce comunque a richiamarle alla mente un tendere tipico della sua educazione strettamente puritana verso l'immortalità e la grandezza degli oceani dell'Eden: 



"Dapprima è la sete - processo naturale - poi - il momento della morte - La supplica, di un poco d'acqua - da dita che passano vicine - Segno di un più sottile bisogno - cui sola ricompensa,
sono le grandi acque a occidente - chiamate immortalità."