sabato 29 dicembre 2018

L'importanza del raccontare una FAVOLA (1)

Dal Corriere della Sera articolo del 2012 di Giuseppina Manin.




C'era una volta... 
Ogni favola che si rispetti inizia così. da noi e in tutto il mondo.
In Giappone si dice "Mukashi mukashi", in Indonesia "Dahulu kala", in Turchia "Bir varmis bir yokmus", in Islanda "Einu sinni var...".
L'incipit è sempre lo stesso, quel richiamo leggendario, un po' cantilenante, evocativo di un'epoca lontana, così lontana da sfumare oltre i confini della realtà, oltre la notte dei tempi.
Non per niente le favole si favoleggiano allo scendere del buio, prima di andare a letto o quando la testa è già sui cuscini. Rito propiziatorio per il sonno, tenero viatico per sogni e incubi di scarsa paura. Perché tanto è tutto una fiaba, e poi perché a raccontarla è sempre qualcuno che ci vuole bene, mamma, papà, nonni, tate che siano.
O almeno così accadeva fino a ieri.
Poi, con la famiglia sempre più ristretta, con il lavoro sempre più incombente, le mamme stremate, le nonne sconvolte, le zie latitanti, i padri distanti, ecco che l'antica arte del cantastorie sbiadisce, si dissolve nel frastuono di una tecnologia che tenta di farne il verso. CD e DVD, MP3 o MP4, clip, videoclip, podcast: basta schiacciare un tasto con il ditino, ed ecco che parte il "C'era una volta" virtuale.
Fiabe perfette. Spesso narrate da attori di fama, animate nel più sofisticato dei modi, figure rutilanti, colori smaglianti, musica travolgente... Quale mamma potrebbe competere a tanti effetti speciali?
Com'è allora che i bambini, invece di restare incollati davanti a tante e tali meraviglie, così sovente si distraggono, sbadigliano, staccano la spina?


Roberto Piumini
14 marzo 1947
Edolo BS Italia
"Il fatto è che la favola è un oggetto anomalo: per vivere ha bisogno di calore umano" Ragiona Roberto Piumini, scrittore raffinato di storie, filastrocche, canzoni, testi teatrali per l'infanzia. "Passare dall'amoroso balbettio di una mamma alla gelida parlantina di una anonima affabulatrice, per un bambino è un salto brutale. La fiaba è il nostro primo rumore affettivo. I suoi tratti cardine sono l'oralità e la corporeità. Per funzionare deve essere narrata e il narratore deve essere lì, presente e palpitante. Pronto a farsi da tramite per le emozioni, a enfatizzarle o smorzarle a seconda dello stato d'animo del piccino in ascolto. Che, prima ancora di intenderne le parole, ne percepisce il suono. E se la voce gli è familiare, di una persona cara, ecco che la fiaba diventa per lui la prima proposta di senso".
Così quando una mamma, una delle tante che si disperano perché il loro pupo sembra allergico alla lettura, gli chiede la ricetta per fargli aprire un libro, Piumini risponde: "Cara signora, cominci a raccontargli una favola "calda". Perché se la tv produce immagini, la voce muove l'immaginario. E quando questo accade, il passo successivo, dato che tutte quelle fantasie sgorgano all'origine da un libro, sarà forse di prenderne in mano uno".



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