sabato 10 novembre 2018

Serie Autori: MICHEL TOURNIER francese



Michel Tournier nato a Parigi nel 1925 (deceduto nel 2016), figlio di noti germanisti, dopo essersi laureato in lettere e diritto, proseguì gli studi di filosofia con l'intenzione, poi abbandonata, di dedicarsi alla carriera universitaria.
Cominciò a scrivere a quarant'anni, vivendo in campagna a poche decine di chilometri da Parigi, e con tre romanzi conquistò un posto di primo piano nella narrativa francese contemporanea.



Tournier è scrittore tradizionalista sulla pagina, con una sintassi flaubertiana: "Il mio scopo non è rinnovare la forma, ma far passare attraverso una forma, la più tradizionale e rassicurante possibile, una materia che non abbia nessuna di queste qualità." Questa materia, tra la fiaba e la novella, mira a una profondità altrettanto inafferrabile di quella dei miti, che incarnarono le costanti della vita umana, sono dei ponti ideali che trasferiscono la riflessione in aneddoti narrativi.




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Fin dalla prima sera, Raffaele valutò la qualità di quelle risate. 
Il sadismo, la cattiveria e il gusto dell'abiezione vi si spiegavano cinicamente.
Esibendo la propria miseria, Bodruche attaccava il suo pubblico sotto la cintola e lo abbassava al livello più vile.
Di quei buoni borghesi né peggio né meglio di altri faceva con la sua particolare comicità la teppa più spregevole. tutto il suo numero si basava sulla forza comunicativa della bassezza, sul contagio del male.
Raffaele riconobbe nelle raffiche che s'infrangevano contro i muri della saletta la risata stessa del Diavolo, cioè il ruggito trionfale da cui sbocciavano l'odio, la vigliaccheria, la stupidità.
E doveva accompagnare al pianoforte questo spettacolo ignobile, e non solo accompagnare, ma sottolineare, amplificare, esasperare.
Al pianoforte, cioè con lo strumento sacro con cui suonava i corali di Giovanni Sebastiano Bach!
Durante tutta l'infanzia e l'adolescenza aveva conosciuto il male solo nella sua forma negativa: lo scoraggiamento, la pigrizia, la noia, l'indifferenza.
Per la prima volta lo incontrava incarnato positivamente, che faceva smorfie e ringhiava, ed era in quell'infame Bodruche, di cui egli si faceva complice attivo,
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Da Le coq de bruyère   (Che la gioia dimori)







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