Katherine Mansfield (1888 - 1923) nacque in Nuova Zelanda. A tredici anni giungeva per la prima volta a Londra e a ventidue vi pubblicava i suoi primi racconti. Erano gli anni in cui Londra accoglieva Ezra Pound, T. S. Eliot, Henry James, James Joyce, D. H. Lawrence e Virginia Woolf.
Dopo un?esistenza irregolare, inquieta, malata, Katherine Mansfield moriva durante un'emottisi a trentaquattro anni a Fontainebleau.
Al di fuori del racconto, non tentò mai altro genere di narrativa: racconti con personaggi comuni, per lo più fragili, indifesi, spauriti; messi in situazioni comuni, momenti d'ansia, di turbamento, attimi di estatica felicità, seguendo il filo delle cose non dette, svisate o travisate, che costituiscono la trama desolata dei rapporti umani. I temi sono quelli più usuali: la gioia, gli affetti, l'amore, puntando sull'appena detto, sul suggerito, sulla parola più semplice che fa affiorare un mondo, sul piccolo gesto che fa capire una vita.
Il rapporto con Cechov è evidente, del resto confessato dalla stessa autrice, ma anche la diversità, la peculiarità della Mansfield, l'essenzialità e la spoliazione.
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Ma mentre apriva la porta per entrare nell'appartamento buio, il suo senso di meravigliosa euforia cominciò a svanire. Accese il lume in camera da letto.
Sua moglie dormiva tutta rannicchiata nella propria parte del letto. Lui si ricordò d'un tratto che cosa gli aveva detto quando l'aveva avvertita che andava a cena fuori: "Avresti potuto dirmelo prima!". E come lui aveva risposto: "Non puoi proprio parlarmi senza offendere anche le buone maniere?".
Era incredibile, pensò, che le importasse così poco di lui, incredibile che non si interessasse minimamente dei suoi trionfi e della sua carriera artistica. Mentre tante donne al suo posto avrebbero dato la pupilla dei loro occhi...Sì, ne era certo... Perché non riconoscerlo?... Ed eccola lì, sdraiata, nemica anche nel sonno... Doveva andare avanti sempre così? pensò, con lo champagne che gli lavorava ancora dentro. Ah, se fossimo almeno amici. Quante cose avrebbe avuto adesso da raccontarle! Su questa serata; anche sul modo di trattarmi di Timbuck, e su tutto quel che mi ha detto, e così di seguito. Se soltanto avessi la sensazione che lei è qui ad aspettare che io torni a casa, se sentissi di potermi confidare a lei, e così di seguito.
Nella sua emozione si tolse una scarpa da sera e la scaraventò in un angolo. Il rumore fece svegliare la moglie con un tremendo soprassalto. Sedette sul letto, spingendo i capelli all'indietro.E a un tratto lui decise di tentare ancora una volta di trattarla come un'amica, di dirle tutto, di conquistarla.
Sedette sull'orlo del letto e le afferrò una mano. Ma di tutte le cose splendide che aveva da dire, non riuscì a pronunciarne nemmeno una.
Per chissà quale diabolico motivo, le sole parole che gli riuscì di estrarre furono: 2Cara signora, ne sarei ben lieto, ben lieto!".
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Da "Tutti i racconti - Felicità" La giornata di Mr.Peacock
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