...Da molti anni, dopo molte e intricatissime meditazioni, credeva d'esser riuscito a darsi una spiegazione sufficiente di tutte le cose; a sistemarsi insomma il mondo per suo conto; e pian piano s'era messo a camminarci dentro, non molto sicuro, no, anzi con l'animo sempre un po sospeso e pericolante, nell'aspettativa d'una qualche improvvisa violenza, che glielo buttasse all'aria tutt'a un tratto, sgarbatamente.
S'era da un pezzo costituito esempio a tutti di compostezza e di misura, nel trattare gli affari, nelle discussioni che si facevano al circolo o nei caffè, in tutti gli atti, nel modo anche di vestire e di camminare.
E Dio solo sa quanto doveva costargli tenere anche d'estate rigorosamente abbottonata quella sua palandrana vecchiotta, si, ma piena di gravità e di decoro, e regger su ritto quel suo testone inteschiato e venoso sul lungo collo esilissimo per sostenere la rigida austerità del portamento.
Voleva che il suo sguardo, il suo mostrarsi a ogni bisogno fossero tacito ammonimento o muta riprensione; specchio, sostegno, intoppo, consiglio.
E' vero che, sempre, per paura che lo specchio fosse appannato dai fiati brutali della plebe, o che il sostegno fosse scalzato con qualche spintone che lo mandasse a schizzar lontano, soleva tenersi alquanto discosto; ma pur sempre restava con tutto il corpo a far atto di volersi appressare e parare e moderare, secondo i casi.
Soffriva indicibilmente nelle dita vedendo qualcuno andar per via con la giacca sbottonata o col giro della cravatta fuori del colletto; avrebbe pagato lui, di sua borsa, un operaio per dare una mano di vernice allo zoccolo dello sporto nella bottega di faccia al caffè, rifatto nuovo e lasciato lì di legno grezzo; e ogni sera se ne tornava oppresso e sbuffante dalla passeggiata fino in fondo al viale all'uscita del paese, dopo aver constatato, che ancora (dopo tanti mesi ) dal Municipio non era venuto l'ordine di rimettere un vetro rotto all'ultimo lampione di quel viale.
Come se tutt'intorno l'universo s'imperniasse in quel lampione rotto, don Filiberto Fiorinnanzi non aveva più pace.
L'incuria, la rilassatezza altrui lo offendevano; se protratte lo esacerbavano, ....
Bello vero!?!
Sperando di avervi invogliati a riprendere in mano qualche lettura "pirandelliana" vi salutiamo con una sua massima:
Dalla miseria non è possibile evadere, Come non è possibile evadere dalla nostra pelle. |
Nessun commento:
Posta un commento