martedì 10 gennaio 2012

TRE LETTURE




In questo periodo, sul mio comodino, ci sono tre libri, scelti dalla nostra bancarella, per le mie letture serali.
Per incuriosirvi, per invogliarvi a leggere, per farvi conoscere nuovi autori di vecchi libri ve ne trascrivo alcuni brani.
Come avrete modo di constatare, leggendo, tutti e tre i brani scrivono di modi, tradizioni, ambienti della metà del '900 nonostante si tratti di libri molto diversi tra loro.
Questo per dire che per conoscere i luoghi, la storia ,le culture, le letture devono essere il più varie possibile!!

La terra si misura a pertiche e poi a piò
e il piò sta nell'ettaro pressapoco tre volte...

Da: La statua di sale di Agostino Turla del 1964.
Non è un gran podere quello che lavoriamo noi, ne si può certo paragonarlo alle Valenche.
Ma insomma diciotto piò, che sarebbe come dire sei ettari all'incirca, rappresentano per la nostra famiglia un estensione più che sufficiente; anche se i pigionanti, che stanno alloggiati al Quartiere in buon numero, non facciano altro che sfruttare come loro è meglio concesso il proprio diritto di nullatenenti e s'industriino di far sciamare sul nostro interi eserciti di pollame. Senza contare che, naturalmente, i campi, a tempo opportuno, se li spigolano loro, e che loro appartengono, come d'uso, le seccarole ed ogni frutto o raccolto che venga su per le rive.
Bernardo Manzù, soprannominato mulinèr, il proprietario del  Quartiere, è uomo però che la gente la lascia vivere in pace.
Grano, granturco e legna, beninteso, vanno divisi del tre, come tutti gli altri prodotti; e ciò significa che a noi rimane un terzo e che le altre due parti prendono il volo verso fòndachi padronali abituati ormai, col concorso  s'intende di altri poderi, a farsi carichi d'ogni grazia di Dio.
Ad ogni modo, si vive.
Bernardo Manzù non sarebbe capace di torcere un capello ad anima viva... Basta vederlo.
Un volto largo e placido, nel quale s'esprime una sorta di tranquillità che pare tradursi ad ogni attimo in parola quasi per dire:- Ecco qua il benessere in persona-. Da queste parti non lo si incontra per strada sovente.
Si fida di noi.
Non è certo di quelli che stanno tutto il giorno giù per i campi a sindacare sulla maggiore o la minore, proficua o meno proficua, attività dei suoi dipendenti. Ma quando lo si vede, non c'è uomo in tutto il contado che non provi gioia a salutarlo.
Poiché la superbia, o insomma quel po' di contegno che i padroni han l'abitudine di concedersi, Bernardo Manzù non sa neanche dove stiano di casa, risponde a tutti con quella larga e quasi clamorosa cordialità che rivela subito il puro di cuore.
Bernardo Manzù è, infatti, un puro di cuore.
.....


Si stupirono che i loro vecchi trovassero gusto
a inventare parole
per offendere e provocare...

Da Storie bresciane misteriose e strane del 1974.
Fra le cose che sono scomparse o sono in via di rapida estinzione, per effetto delle trasformazioni sociali degli ultimi trent'anni, vi è certamente l'uso dei nomignoli che un tempo si affibbiavano agli abitanti di un paese, o di un quartiere e perfino di una città.
Da cosa nascevano questi nomignoli?
Generalmente dal clima di campanilismo acceso, che spesso diventava vera e propria ostilità, che divideva comune da comune, quartiere da quartiere, addirittura frazione da frazione.
In questo ambiente maturavano le definizioni sprezzanti rivolte ai vicini e maturavano purtroppo anche le risse della domenica sera, quando, nella stessa osteria, abitanti di contrade diverse trovandosi gomito a gomito allo stesso tavolo intorno alla stessa partita di carte o di morra, riscaldati dal vino e magari dal svolgere sfavorevole della partita, si ricordavano del nomignolo offensivo e lo lanciavano in faccia all'avversario.
Il resto veniva da se; come venivano chiamati dall'oste i carabinieri e qualche volta il medico condotto...
Altra occasione di scontro erano le sagre.
I giovanotti ci andavano per divertirsi, per conoscere ragazze e corteggiarle, suscitando la reazione dei giovanotti del paese che consideravano queste "incursioni" come una sorta di pascolo abusivo.
Si cominciava con le occhiate torve, col ricorso ai famigerati nomignoli, con qualche gesto di sfida, per arrivare agli spintoni, ai pugni, talvolta anche alle coltellate e ai colpi di roncola.
Questo va detto per ricordare un passato che molti ostinano a definire  sempre migliore del presente in ogni aspetto.
.....

Uscirono nel giardino dove ella tagliò un grande mazzo di astri...

Da La luce del nord di A.J. Cronin del 1958
"Dorohy! Che bella sorpresa!"
Dorrie discese dalla bicicletta. "Ho portato un biglietto della mamma" disse, e glielo porse.
Cora lo prese con aria diffidente, abbastanza naturale dato il modo in cui era sempre stata trattata dalla signora Page. Ma quando lo ebbe letto il viso le si illuminò di piacere.
"Tua madre è molto gentile, Dorothy. Ci vuole a pranzo domani." Piegò il foglio e lo rimise nella busta come se fosse stato qualcosa di prezioso da custodire. "Andiamo in casa, ti offrirò il tè."
Si incamminarono, tenendo la bicicletta tra loro.
La qualità che, Dorrie doveva riconoscerlo, la attraeva di più in Cora, era la sua incapacità di finzione. Non tentava mai di mostrarsi diversa da quello che era, ed era sempre pronta ad aiutare il prossimo.
Il modo con il quale si occupava di David, cucinando, lavando e rammendando, coltivando in modo meraviglioso il giardino, oltre a sopportare tutte le sue arie e ad apprezzarne le fatiche letterarie, come se fosse stato uno Shakespeare e un Milton messi insieme, sembrava a Dorrie la manifestazione più luminosa della sua bontà. Ma esisteva anche qualcos'altro in lei, che era difficile a spiegarsi. Una tensione che traspariva attraverso la sua placidità e sembrava tenerla sempre sul chi vive e immalinconirla.
In quel momento, tuttavia, Cora era di ottimo umore.
Mentre Dorothy apparecchiava la tavola, andò in cucina a preparare il tè, i crostini abbrustoliti e imburrati e apri una scatola di sardine. Poi sbatté latte, farina ed uova e fece certe frittelle che si scioglievano in bocca.
"Cora" domandò Dorothy quando sua cognata sedette infine dinanzi a una tazza di tè "da dove ti viene questa diabolica abilità con le frittelle?"
"Bene, Dorrie, se mi prometti  di mantenere il segreto, te lo dirò." Parlò in tono allegro e parve più graziosa del solito con le gote accese dal calore della stufa. "Sono brava perché per tutta un estate non feci altro. Era  il mio lavoro. Devo aver fatto centinaia di frittelle per affamati ghiottoni.
.....

Buona Lettura!!!

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