Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani) nacque a Firenze nel 1885, morì a Roma nel 1974.
Dopo aver esordito come poeta crepuscolare, aderì al futurismo e fece da intermediario tra i futuristi e Papini e Soffici. Uscito dal futurismo, iniziò un periodo realistico, che culminò nei romanzi, sopratutto Le sorelle Materassi (1934), il più celebre. Intanto aveva soggiornato più volte a Parigi, prima con Boccioni e Carrà, poi con De Pisis.
Doveva più tardi, in clima neoavanguardistico, riprendere con foga giovanile, rinnovandoli dall'interno, i modi e il linguaggio delle sue opere di gioventù (si veda, ad esempio, il romanzo Il Doge, 1967)
Nel volume Il palio dei buffi del 1936, movendo da un bozzettismo toscano, ottocentesco e realistico, i racconti giungono a una leggerezza da opera buffa, dove il realismo si mescola con la gioia di un surrealismo colmo di pietà e di carità verso dei personaggi a mezzo tra una vita fantastica e le tristezze dell'esistenza comune.
Secondo una premessa di Palazzeschi "buffi son tutti coloro che per qualche caratteristica, naturale divergenza e di varia natura, si dibattono in un disagio fra la generale comunità umana; disagio che assume ad un tempo aspetti di accesa comicità e di cupa tristezza".
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Intorno le mescite e i caffè esplodono con luci calde e dense da frutti tropicali dentro le serre, lasciando trasparire dai vetri appannati solo delle ombre nere.
E le insegne luminose sopra le porte battute dall'acqua stanno come diademi di regine da circo equestre. Una di quelle porte si apre appena e si richiude, ne sguscia un uomo che guizza lungo il muro sotto i tetti con salti da pesce. Anche i portici che da un lato fiancheggiano la piazza, sono deserti: rari e frettolosi i passanti, rifugio di pochi.
Poggiato a una colonna con la testa riversa, le mani abbandonate e i baffi spioventi da cinese sotto la tesa di un cappello oscuro e informe cadutogli fin sul naso, un vecchio sta nell'atteggiamento di offrirsi implorando al passante, o al vuoto, o alla luce calda che lo inonda dal vetro della mescita in fronte. Porta una mantellina grigio verde logora e sporca sopra il pastrano da artigliere pure in brandelli; le scarpe da fante, sfondate e mezze, ne lasciano trasparire la pelle. Vicino ha un sacco che si capisce essere la casa e ogni bene. Di tanto in tanto emette suoni inafferrabili: è ebbro e felice.
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Tratto da Carburo e Birchio di "Tutte le novelle"
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