Eccoci di nuovo a parlare di scrittori e di vecchi articoli di giornale.
Si tratta di vecchi settimanali, di poco più di 20 anni fa, tenuti da parte per la presenza di una serie di racconti.
Non intendo, naturalmente, trascrivere i racconti ma approfittare degli spazi dedicati all'autore per una maggiore conoscenza di questi.
Certo non saranno articoli esaurienti come quelli dedicati a Salgari e Smith, solo trafiletti, che comunque spero vi farà piacere leggere per curiosità, trattandosi in molti casi di autori poco conosciuti.
Aggiungerò anche alcune righe del racconto per darvi modo, nel mio piccolo, di conoscerli meglio.
Partiamo col primo:
Lu Hsun (pseudonimo di CHOU SHU-JEN 1881-1936), scrittore fra i maggiori della Cina moderna, appartiene alla generazione che ha trascorso infanzia e giovinezza sotto il vecchio impero e poi, attraverso gli anni della repubblica, delle guerre civili, e della guerra cino-giapponese, ha visto l'inizio di un cambiamento radicale della cina.
aveva studiato a Nanchino e poi in Giappone (scienze naturali, tecnica, medicina occidentale, ma anche le letterature straniere: per tutta la vita continuerà a tradurre e a farsi promotore di traduzioni).
I suoi primi racconti (Diario di un pazzo 1918; La vera storia di Ah Q 1921), un misto di sardonico humour e di lirismo, di ripudio della tradizionale società confuciana e del vecchio ordine, un ritratto mordente della psicologia nazionale, furono accolti come una svolta storica nelle lettere cinesi, e non solo perché erano scritti in volgare, nella lingua parlata e non in quella letteraria, o per l'opposizione ai principi tradizionali, ma perché mutuavano la struttura e il tono della narrativa contemporanea occidentale e mettevano sotto accusa l'intera civiltà cinese.
Un'altro tema caro a Lu Hsun è il recupero dell'autenticità perduta, quella dell'infanzia e del mondo popolare e contadino, colta nei gesti minimi, negli stati d'animo quotidiani.
A questo tema si ispirano scritti come il racconto: Villaggio natale 1921.
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L'idea della speranza mi fece improvvisamente paura. Quando Jun-t'u mi aveva chiesto l'incensiere e i candelabri, dentro di me avevo riso pensando che continuava a adorare gli dei, che non riusciva a toglierseli dalla mente. Ma quella che ora chiamavo speranza, non era forse un idolo da me stesso creato? l'unica differenza tra noi era che lui voleva qualcosa a portata di mano, mentre ciò che io desideravo era lontano, difficilmente raggiungibile.
Mi assopii, e davanti agli occhi mi si parò un tratto di terra sabbiosa in riva al mare, del colore della giada, e sopra, sospesa nel cielo blu profondo, una luna d'oro, perfettamente rotonda.
La speranza, in sé stessa, non si puo dire che esista o non esista, pensavo. E' come per le strade che attraversano la terra.
Al principio sulla terra non c'erano strade: le strade si formano quando gli uomini, molti uomini, percorrono insieme lo stesso cammino.
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Da "Fuga sulla luna" (Villaggio natale)
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