martedì 19 dicembre 2017

Giovanni Vialardi "Il cuoco del re"

Come mia abitudine prima delle festività riporto sempre qualcosa inerente la "cucina".
A volte sono ricette, altre volte, come in questo caso, dissertazioni su alimenti e cuochi. 
Questa è una pagina tratta da La storia in un bicchiere di S. Doglio e A. Appiano .


Il cuoco del Re
Giovanni Vialardi, aiuto capo-cuoco e pasticcere di Sua MaestàCarlo Alberto, guardò con soddisfazione i quattro polli appena uccisi - bianchi e ben grassi - posati sul tavolo della cucina. Controllò la larga ciotola piena di farina, il cesto delle uova e quello dei funghi. Annuso i tartufi religiosamente, a occhi chiusi, poi li ripose facendo un piccolo cenno di approvazione.
Era appena l'alba, ma già gli sguatteri andavano e venivano indaffarati, spostando file di piatti, asciugando bicchieri, scoperchiando pentole, rimestando minestre. Nell'enorme cucina, nei sotterranei del Palazzo Reale, incominciavano a mescolarsi i profumi, gli odori di selvaggina, salse, arrosti, zuppe, sciroppi e marmellate. In quei giorni il capo - cuoco era ammalato ed era Giovanni Vialardi ad avere l'intera responsabilità della mensa dei Savoia.
Dopo aver conferito con il Maestro di Casa - i coperti per il pranzo, quel giorno, sarebbero stati trenta - Vialardi si accinse a preparare la "minuta".



Da poco tempo la Corte di Savoia aveva adottato il "servizio alla russa".
Fino a pochi anni prima, nei pranzi si seguiva i cosiddetto "servizio alla francese": un gran numero di piatti messi contemporaneamente sul tavolo su vassoi o su scaldini. Ogni commensale mangiava secondo il proprio capriccio e con la massima libertà di combinazioni. Lo stesso succedeva con i vini, che erano serviti dai camerieri o si trovavano già pronti sul tavolo, senza alcun preciso abbinamento.
Il "servizio alla russa", invece, costituiva una vera e propria rivoluzione nel campo della gastronomia: i piatti erano portati in tavola uno alla volta, in una successione prestabilita. Le pietanze si potevano mangiare calde, e si diminuivano anche gli sprechi. Il servizio alla russa prevedeva anche - fatto nuovo - un preciso abbinamento dei vini coi piatti.
Uno dei meriti che decenni dopo gli storici della gastronomia hanno riconosciuto a giovanni Vialardi - oltre a quello di essere stato tra i primi a presentare assieme alla lista dei cibi una "carta dei vini" - è di aver proposto, i vini piemontesi e in particolare il Barolo, là dove per tradizione venivano serviti i più classici vini francesi.




Giovanni ordinò con cura i fogli bianchi davanti a sé, pulì la penna, la intinse nel calamaio e incominciò a scrivere con bei caratteri svolazzanti:
"Minuta per ordine di servizio"
- Zuppa di purée di volaglia all'imperatrice
- Frittura di animelle alla Villeroy
- Filetti di bue alla giardiniera...
Si fermò con la penna a mezz'aria:
"Filetti di anguilla alla piemontese" o "Luccio alla casalinga"? Ci pensò un momento, decise per L'anguilla.
Riprese a scrivere:
- Filetti di anguilla alla piemontese
- Vol-au-vent alla finanziera
- Giambone di Vestphalie alla purea di lenticchie
- Pernici alla Périgueux
- Galantina di tacchino con gelatina
- Piselli all'inglese
- Costolette di beccaccini ai tartufi bianchi
- Crema al maraschino
- Babà alla polonese ghiacciato al vino di Madera
- Gelatine negli aranci in quarti
- Pasticceria montata
Cambiò foglio. con calligrafia più grossa scrisse: "Frutta", e quindi continuò:
- Formaggio
- Sorbetti
- Marroni abbrustoliti
- Frutti crudi
- Composte varie
- Confetti e zuccherini


Mentre scriveva queste parole, pensò che gli zuccherini erano veramente una sua specialità. Sapeva fare certi fondants che si scioglievano in bocca lasciando a lungo un ricordo di arancia, fragola e limone... E che dire delle sue "castagne confettate", delle sfoglie, del marzapane?
Sospirò e concluse con un "Caffè e liquori", calcando bene la penna.
Rilesse il tutto.
Avrebbe fatto accompagnare la zuppa, la frittura di animelle e i filetti di bue con vino di Xeres, Madera, e con Vernaccia di Sardegna. I vol-au-vent  alla finanziera, le pernici alla Périgueux, e il tacchino in gelatina invece, si sposavano alla perfezione coi vini rossi secchi: Bordeaux ad esempio, o quel delizioso Barolo invecchiato nelle botti di rovere che arrivava direttamente dalle tenute del Re.
Per la pasticceria, Sciampagna. E per la frutta, i vini dolci: Malaga, Tokai d'Ungheria e Moscatello.





  


                           
                                                         

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