Nel post del 25 gennaio la scrittrice inglese G. Heyer descrive, nelle poche righe da noi trascritte, un lord inglese. In questa pagina invece troverete la descrizione di un contadino lombardo, un bravuomo della prima metà del 900, a opera del romanziere bresciano Agostino Turla.
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Non è un gran podere quello che lavoriamo noi, né si può certo paragonarlo alle Valenche. Ma insomma diciotto piò, che sarebbe come dire sei ettari all'incirca, rppresentano per la nostra famiglia un estensione più che sufficiente; anche se i pigionanti, che stanno alloggiati al Quartiere in buon numero, non facciano altro che sfruttare come loro è meglio concesso il proprio diritto di nullatenenti e s' industriino di far sciamare sul nostro interi eserciti di pollame. Senza contare che, naturalmente, i campi, a tempo opportuno, se li spigolano loro, e che loro appartengono, come d'uso, le seccarole ed ogni frutto o raccolto che venga su per le rive.
Bernardo Manzù, soprannominato mulinèr, il proprietario del Quartiere, è uomo però che la gente la lascia vivere in pace. Grano, granturco e legna, beninteso, vanno divisi del tre, come tutti gli altri prodotti: e ciò significa che a noi rimane un terzo e che le altre due parti prendono il volo verso fòndachi padronali abituati ormai, col concorso s'intende di altri poderi, a farsi carichi d'ogni grazia di Dio. Ad ogni modo, si vive. bernardo Manzù non sarebbe capace di torcere un capello ad anima viva.
Dal carattere tranquillo e pacato di Bernardo Manzù e d'un suo fondo naturalmente umanitario renderebbero testimonianza quegli stessi socialisti che si scalmanano per il trapasso della terra ai contadini.
basta vederlo. Un volto largo e placido, nel quale s'esprime una sorta di tranquillità che pare sul punto di tradursi ad ogni attimo in parola quasi per dire:"Ecco qua il benessere in persona".
Da queste parti non lo si incontra per strada sovente. Si fida di noi. Non è certo di quelli che stanno tutto il giorno giù pei campi a sindacare sulla maggiore o minore, proficua o meno proficua, attività dei suoi dipendenti. Ma quando lo si vede, non c'è uno in tutto il contado, che non provi gioia a salutarlo.
Perché la superbia, o insomma quel po' di contegno che i padroni han l'abitudine di concedersi, Bernardo Manzù non sa neanche dove stiano di casa, risponde a tutti con quella larga e quasi clamorosa cordialità che rivela subito il puro di cuore.
Bernardo Manzù è, infatti, un puro di cuore.
Da La statua di sale di Agostino Turla
1899 - 1958 |