giovedì 5 marzo 2020

MARZO IRREQUIETO

Una leggenda calabrese ci racconta la bellezza del mese di MARZO.  
Tratta da "Antologia italiana per le scuole di avviamento professionale" del 1957 eccovi un racconto di MARINA SPANO che vi farà "innamorare" di questo mese pazzerello.
Ho scelto di accompagnare il racconto con immagini di una grande illustratrice:
 CARLA RUFFINELLI



Tre erano i figliuoli della Primavera, Marzo, Aprile, Maggio, allegri gli ultimi due, simpatici e tanto piacevoli, mentre il primo era un fantastico bizzarro, che pareva fatto apposta per far impazzire la gente.
Bello e gagliardo, con gli occhi azzurri che qualche volta si oscuravano per un repentino corruccio, i capelli a ciocchette del color della viola, correva sempre con le gambe all'aria, faceva dispetti, gridava, per il cielo come un indemoniato, scagliava acqua e qualche volta anche gragnuola sui fiori e sugli alberi spaventati.
La sua irrequietezza era proverbiale.



Essendo però Marzo il maggiore dei tre figli, la madre aveva per lui una vera predilezione. Voleva, è vero, un gran bene anche ad Aprile e a Maggio, ma soleva dire che gli strilli, i corrucci, le scorrazzate di quel monello erano la sua passione.
A questi tre ragazzi la Primavera delegava, per un mese ciascuno, il governo dei vènti, e quando le cose erano nelle mani di Marzo naturalmente la prima a tremare era la madre.
Delle cose del cielo in quel mese non se ne capiva nulla: ora il cielo scottava come di giugno, ora una tramontana gelata scendeva dai monti e faceva rabbrividire i germogli; ora il cielo si copriva di nubi come di gennaio, e quel pazzo monello, dopo aver raccolto sulle montagne delle burrasche di neve e di gragnuola, le scagliava per la campagna, facendo strage di fiori e di gemme.



Un giorno sua madre gli disse:
-- Senti, Marzolino mio, tu sai: in tutto l'inverno ho accumulato un subisso di biancheria sporca, che ora vorrei lavare.
Così dicendo ella mostrò al figlio un immenso cumulo di nuvole color sudicio, accatastate all'orizzonte. e continuo così:
-- Ti prego di farmi qualche giorno di buon tempo, con un bel sole forte, perché voglio fare un bucato di tutto ed asciugarlo il più rapidamente possibile..
E Marzo naturalmente si diede a rassicurare compiutamente la madre che l'avrebbe accontentata in tutto e per tutto.



L'indomani, di buon'ora, la Primavera era in gran faccende, e a mezzogiorno già una buona quantità di panni candidi, era stesa al sole, che splendeva magnifico in cielo.
Tutto andava per il meglio, quando Marzo, affacciatosi ad un angolo dell'orizzonte, e vedendo quel candido bucato disteso sui monti, e la mamma tutta intenta a sciabordare nelle acque profonde, fu preso da uno di quegli irresistibili impeti di monelleria che sono il meglio e il peggio del suo carattere.
-- che bella cosa -- disse tra sè -- portare un po' in giro per aria tutto quel bucato! Mia madre è tanto, tanto carina quando corre qua e là, coi capelli in aria, a raccattare i suoi panni!
Detto fatto, apre l'otre dei venti, ed ecco un furioso maestrale sbucar fuori con la testa arruffata e la faccia umida, e mettersi a correre come un matto verso la pianura.


Solleva nuvole di polvere, scavezza ramoscelli, sbatacchia rabbiosamente le chiome degli alberi e finalmente si precipita sul bucato: lenzuola, tovaglie, camicie, sciarpe, tutto all'aria!
Qualche lenzuolo si straccia sui cespugli della montagna e va a finire nelle forre, altri vengono sollevati per aria e trasportati a precipizio nell'azzurro e sul mare: il cielo è tutto pieno di stracci variopinti, sbattuti qua e la dalla furia del vento.
La povera Primavera, disperata, coi capelli all'aria, corre per i campi cercando di agguantare a volo quei panni volanti, e grida e chiama e si aggrappa agli alberi per non essere sbattuta via anche lei nella tempesta.
E intanto uno squillo di risa argentine risuona per le campagne: ridono rombando gli alberi dei boschi, ridono le fontane, e ride pazzamente Marzo, con i grandi occhi azzurri spalancati dietro le cime dei monti.



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