giovedì 10 gennaio 2019

Serie Autori: ARTHUR CONAN DOYLE scozzese



Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930), scrittore e drammaturgo scozzese, raggiunse una grande popolarità col personaggio di Sherlock Holmes, che fece la prima apparizione nel romanzo Uno studio in rosso (1887) e divenne celeberrimo con Le avventure di Sherlock Holmes, iniziate in forma di racconti sullo Strand Magazine nel 1891.
Le ingegnose storie dei successi dell'imperturbabile detective nell'indagare delitti e sbrogliare misteri ne fecero presto un personaggio proverbiale, più famoso del suo stesso autore.
All'indirizzo londinese di Baker Street 221 B, dove Conan Doyle aveva immaginato la sua residenza, Sherlock Holmes continua anche oggi a ricevere lettere di ammiratori, convinti della sua reale esistenza, che gli chiedono consigli.



Che cosa non finisce di affascinare nelle sue avventure? Forse le eccezionali capacità di osservazione, con le deduzioni che sorprendevano il Dr. Watson. O la prodigiosa memoria che registrava ogni dettaglio e lo rievocava a piacere. O l'immaginazione sempre in grado di imbastire una teoria e unire uno a uno gli anelli di una catena spezzata o di dipanare un indizio arruffato. oppure l'aver ricreato  con vivezza - impresa in cui non riuscirono i molti imitatori - il mondo dell'epoca vittoriana?
Conan Doyle  lasciò parecchie opere romanzesche e storiche.
Il più celebre dei detective compare in quattro romanzi e cinquantasei racconti, pubblicati dal 1887 al 1927.



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Oltrepassammo rapidamente la zona della Londra elegante, della londra alberghiera, della Londra teatrale, della londra letteraria, della Londra commerciale, della Londra marittima, finché giungemmo a una città fluviale di centomila anime, dove le case  d'affitto rigurgitavano e puzzavano di tutta la feccia d'Europa.
Qui in un ampia arteria, che era stata un tempo la dimora di ricchi mercanti cittadini, trovammo il laboratorio di statue che cercavamo.
Il cortile esterno era tutto pieno di opere monumentali. L'interno era costituito di una vasta stanza in cui una cinquantina d'operai erano intenti a modellare e a scolpire.
Il direttore, un grosso tedesco biondo, ci ricevette con cortesia, rispondendo con esattezza a tutte le domande di Holmes.



Un'ispezione dei libri ci rivelò che erano state prese centinaia di coppie della testa napoleonica di marmo di Devine, ma che le tre inviate a Morse Hudson circa un anno innanzi avevano fatto parte di un infornata di sei, giacché le altre tre erano state spedite ai Fratelli Harding di Kensington. Non vi era motivo che queste sei coppie dovessero differire dalle altre. 
Il direttore non sapeva suggerirci una causa plausibile della loro distruzione: anzi quell'ipotesi lo fece ridere.
Il loro prezzo all'ingrosso era di sei scellini, ma forse il commerciante poteva incassarne dodici o anche di più.
La copia era stata fatta con due forme di ciascun lato del viso, poi questi due profili di gesso di Parigi erano stati congiunti insieme per formare il busto completo.
Quel lavoro veniva eseguito di solito da italiani e nella stanza in cui ci trovavamo. Una volta finiti i busti venivano messi su un tavolo del corridoio ad asciugare, e poi spediti in magazzino.
Il direttore non sapeva dirci altro.
Ma la vista della fotografia ebbe su di lui un effetto straordinario. La sua faccia si invermigliò di collera, e le sopracciglia gli si aggrottarono sugli azzurri occhi teutonici.
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Da Le ultime avventure dell'infallibile Sherlock Holmes  (Il mistero dei sei Napoleoni)



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