lunedì 6 maggio 2019

Leggere l'ARTE: 5°

Per finire questa parte dedicata all'arte, o meglio alla sua "lettura", vi voglio trascrivere alcune righe tratte da un libro molto particolare, cosi come particolare è il suo autore, più precisamente dal capitolo primo "La comprensione dell'immagine " della terza parte "L'ARTE".
Il libro ha per titolo:
 VIVERE LA DISPERSIONE e l'autore è Don FRANCO BONTEMPI
E' un libro di 250 pagine circa, costa 20 euro, e se vi interessa ve lo posso procurare con tanto di autografo.
Per gli appassionati di storia ebraica si tratta di un libro molto interessante, da non perdere.


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Già Martin Buber osservava "Ambedue, l'uomo orientale e quello occidentale, sono uomini che sentono e agiscono, ma l'uno, l'orientale sente in movimento, l'altro, l'occidentale, agisce in immagini. Il primo, quando percepisce, vive l'azione; il secondo, quando agisce, rivela la forma".
L'osservazione è pertinente, ma imprecisa, in quanto da un punto di vista pittorico non viene chiarito il movimento, poiché si può rendere visibile un immagine mobile solo con il teatro.
Se si vuole rappresentare il movimento nella pittura, è possibile solo mediante la vivezza e la diversità dei colori. 
Lo scrittore ebraico non propone mai un immagine da riprodurre secondo il suo disegno, rendendone così impossibile la ricostruzione. La tradizione sacerdotale postesilica non descrive il modello delle vesti del sommo sacerdote, ma la vivacità dei colori "Farai il pettorale del giudizio, artisticamente colorato... con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto, lino ritorto". Più interessanti sono le gemme sovrapposte in quattro file di tre, con un disegno piuttosto semplice, "Le coprirai con una incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file".



Il rosso con le sue varie gradazioni, ha la predominanza, serve per descrivere due realtà di grande rilevanza: il sangue, degli animali e dell'uomo, sede della vita, e il vino, segno di ricchezza, di festa, di gioia. Per l'ESODO il sangue dell'agnello pasquale è il segno rosso dipinto sulle case degli ebrei, che stanno per fuggire dall'Egitto, ed è indice di salvezza.
Le pitture preistoriche erano eseguite per la maggior parte col colore rosso e tale tradizione fu mantenuta dalle genti del deserto. Nella cena di Pasqua, festa dei nomadi, il rosso è l'elemento comune ai diversi cibi: il vino, il pane cotto e l'agnello.
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Il comandamento di non farsi immagini risale al periodo più antico della storia del popolo ebraico, all'epoca di Mosè. Infatti la sua formulazione fa intravedere l'età nomade: "Non ti farai idolo, né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai". Il divieto non parla solo di immagini di idoli, ma della scultura e della raffigurazione in se stessa.
La prima considerazione parte dall'Egitto e dalla sua concezione della statua, la cui rappresentazione assolve due funzioni primarie tra loro distinte, anche se interrelate: quella sostitutiva della persona raffigurata e quella celebrativa della stessa e delle vicende di cui è diventata protagonista.
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