marchesa di Sévigné
5 febbraio 1626 - 17 aprile 1696
Scrittrice francese
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A detta delle sue stesse amiche, è la più gentile fra le dame di corte, la più dolce, la meno incline a pettegolezzi e canzonature; ma nello stesso tempo è troppo donna per non palpitare di curiosità.
Questa signora inappuntabile, vedova dall'età di venticinque anni e, si direbbe, senza traccia di debolezze, sembra riallacciarsi all'umanità unicamente in nome di un vibrante interesse per il suo prossimo, come se lo spettacolo sempre vario che sfila sotto il suo sguardo costituisse per lei il più appassionante dei drammi.
Le brillano gli occhi che sono vivacissimi, le pupille saettano in tutte le direzioni, quasi per timore di lasciarsi sfuggire un particolare di capitale importanza; e la bocca, tenera e maliziosa, sgrana l'una dopo l'altra le definizioni dell'evento "E' la cosa più stupefacente, la più sorprendente, la più miracolosa, più trionfante, più abbagliante, più straordinaria, più incredibile, più imprevista..." (parlando del matrimonio di Luisa d'Orléans)
Marie de Rabutin-Chantal, futura marchesa di Sévigné e prima giornalista di Francia (ancorché a propria insaputa, poiché mai le sarebbe passato per la mente di classificarsi in questa categoria) ebbe per nonna una santa, e per genitore un soldato.
Nasce a Parigi il 5 febbraio 1626. Rimane orfana giovanissima, prima del padre e dopo poco tempo della madre, raccolta dai nonni materni in capo a tre anni li perde entrambi, l'orfanella viene allora posta sotto la custodia di uno zio che provvede a darle un ottima educazione.
Apprese l'italiano - la lingua più alla moda, in quell'epoca, fra la gente bene - lo spagnolo e persino un po' di latino, quanto basta a fare buona figura in una società di persone colte.
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Madamigella di Scudéry, nel suo romanzo Clelia del 1654, dice di lei: "La sua conversazione è facile, divertente, naturale; parla assennatamente, parla bene, ha persino, a volte, certe espressioni ingenue e spiritose che piacciono infinitamente. Dimenticavo di dire che scrive come parla, cioè a dire nel modo più piacevole ed aggraziato che si possa pensare.
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Voltaire che fu tra i primissimi letterati del Settecento a interessarsi dell'epistolario di madame de Sévigné, scrisse; "Le sue lettere, piene di aneddoti, scritte con libertà e uno stile che dipinge ed anima ogni cosa, costituiscono la miglior critica degli epistolari affettati in cui si va in cerca di spirito, e ancor più di quelle finte lettere con cui si vuole imitare lo stile epistolare, facendo sfoggio di falsi sentimenti e di false avventure con dei corrispondenti immaginari. E' un peccato tuttavia che manchi assolutamente il gusto, che non sappia render giustizia a Racine ( il grande tragediografo; contemporaneo della Sévigné ) e che metta sullo stesso piano l'Orazione funebre di Turenne, pronunciata da Mascaron, e il grande capolavoro di Fléchier (oratore sacro del Seicento)".
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