Carlo era dunque felice e senza un pensiero al mondo. Un pranzetto a due, una passeggiata la sera sulla strada maestra, un gesto della mano di lei sui capelli, la vista del suo cappello di paglia appeso alla maniglia d'una finestra e tante altre cose nelle quali egli non aveva mai immaginato di poter trovare piacere, formavano adesso una trama continua della sua felicità.
La mattina, a letto, accostato a lei sui guanciali, Carlo guardava passare la luce del sole tra la peluria bionda delle sue gote mezzo coperte dalle ali della cuffietta. Visti così da vicino, gli occhi di lei gli sembravano più grandi, sopratutto quando, svegliandosi, ella apriva e richiudeva le palpebre più volte di seguito; neri nell'ombra e blu scuro in piena luce, avevano come strati di colore sovrapposti, che, più densi nel fondo, andavano facendosi più chiari verso la superficie dello smalto.
Lo sguardo di lui si perdeva in quella profondità dove, in piccolo, vedeva rispecchiata la sua immagine fino alle spalle.....
..... Allora, sulla strada maestra che allungava, infinito, il suo lungo nastro di polvere, nei viottoli incassati dove gli alberi si inclinavano a pergola, nei sentieri dove i culmi di grano gli arrivavano alle ginocchia, col sole sulle spalle e l'aria del mattino nelle narici, pieno il cuore delle delizie della notte, con lo spirito tranquillo e la carne soddisfatta, Carlo avanzava ruminando la sua felicità come chi assapori ancora, dopo il pasto, il sapore dei tartufi che sta digerendo.
da Madame Bovary di Gustave Flaubert edizione dell'1985